Prima di questa esperienza viaggiare per me era scoprire nuovi luoghi, staccare dalla routine quotidiana e incontrare culture diverse dalla mia. Mai però ero tornata da un viaggio con la sensazione di aver esplorato dentro di me e non nei diversissimi posti che ho visto e che mi hanno continuamente stupito. Sono rientrata in Italia con la testa piena di riflessioni, piena di confusione e con la sensazione di essere un po’ più leggera e felice. Abituata a visitare musei e città, mi sono ritrovata a viaggiare per persone, storie e soprattutto sorrisi. Amo sorridere da sempre, e spesso per questo motivo vengo considerata con la testa fra le nuvole o ingenua, in realtà ritengo semplicemente che un giorno senza sorriso sia un giorno perso e in Etiopia mi sono sentita a casa. Mi hanno dato la conferma che non è necessario un motivo per cui essere felici, che quando la vita non va a gonfie vele, non c’è ragione di abbattersi ma anzi è necessario dare sempre il meglio di sé. Abbiamo visto molte persone povere, uomini che dormono in capanne assieme ai loro animali, che prendono l’acqua dalle fontane, che vivono con il poco che hanno e lo fanno serenamente. Ogni sorriso, ogni saluto non era sprecato e anzi ti appagava completamente. La loro idea di comunità è qualcosa di concreto, aiutarsi e vivere insieme, ho percepito grande solidarietà e l’accoglienza che ci hanno dato è stata molto più calda del sole sopra le nostre teste. È stato un viaggio travolgente e emozionante, ogni giorno avevo la sensazione di avventurarmi in qualcosa che non mi aspettavo ma che già sapevo mi avrebbe lasciato senza parole, ed è proprio così che mi sento anche ora, dentro di me piena di odori, rumori, risate che però fatico a descrivere. Sono tornata spaesata, confusa ma allo stesso tempo molto motivata negli obbiettivi della mia vita, ho sentito una spinta, la stessa che i bambini mi davano mentre camminavamo in salita per aiutarmi, ma questa volta dentro di me. È stato un viaggio capace di disordinarmi la vita, mettere tutto in discussione, chiedermi se quello che abbiamo serve a qualcosa, e se serve perché molti non sono felici nonostante questo? I gesti dei bambini, la condivisione che li unisce e la gentilezza che riversano in ogni momento ti mettono nella posizione di cambiare passo, smettere di camminare ma iniziare a correre come fanno loro, verso il proprio sogno che conservano con cura e che mi hanno descritto con occhi sognanti. L’impegno che mettono nello studiare, la loro voglia di imparare, e alla domanda “quale materia ti piace di più?” la risposta di un bambino “tutte le materie mi piacciono, perché tute le materie meritano la mia attenzione e il mio interesse allo stesso modo” mi hanno fatto capire quanto ancora ho da imparare dalla vita e dalle persone. Ho cercato di indagare la loro storia, parlare della loro cultura, confrontare le differenze e cercare le cose che ci accomunano, perché per quanto veniamo da paesi distanti per le nostre usanze e origini, siamo in qualsiasi caso tutti uomini. E alla fatidica domanda “cosa ti sei portata a casa?”, penso di aver riportato a Pesaro molto di più di quello che ho lasciato lì. I milioni di sorrisi che mi hanno regalato, tutti i volti che ho incontrato e che nascondono una storia, le persone che nonostante non mi conoscessero mi hanno fatto entrare nella loro vita, mi porto a casa l’accoglienza, i legami che in due settimane ho intessuto, la loro generosità e la loro idea di comunità unita e solidale. Mi porto a casa il senso di condivisione, non hanno il niente eppure lo condivideranno sempre con te. Mi porto a casa le mani che mi sfiorano mentre cammino e che si intrecciano con le mie. Mi porto a casa i colori della terra rossa dell’Etiopia, le stelle che splendono nella notte e tutti gli animali osservati con curiosità. Mi porto a casa la vita che loro hanno, e di cui ogni giorno sono grati. Mi porto a casa il loro non lamentarsi mai e il loro bastarsi sempre. Il mio cuore però l’ho lasciato lì.
Alice Pagnini, viaggio in Etiopia nel mese di Novembre 2022