Sì, lo ammetto, forse perché sono una procrastinatrice seriale, ma anche perché a volte è più facile rinnegare la realtà e abbracciare l’ipocrisia, che è ben radicata nella nostra società.
Una volta tornata dal viaggio, non ho mai riguardato le foto e, a chi mi chiedeva com’era andato, mi limitavo a rispondere che era stata una bella esperienza, senza mai scendere nei dettagli.
Oggi però ho trovato il coraggio di riguardare quelle foto, e la nostalgia che ho provato è stata tanta, a tal punto da sembrare un ricordo così lontano da non appartenermi più. Quindi mi è sembrato inevitabile non darne una mia considerazione, ma soprattutto un ringraziamento.
In Etiopia ho ritrovato la vera Sabrina, lontana dalle pressioni e dalle angosce della vita quotidiana.
Prima di tutto, voglio ringraziare i miei compagni di viaggio, che mi hanno fatto ricredere sulla visione che avevo delle persone. In loro ho trovato persone buone, genuine, ma soprattutto umane. E può sembrare banale, ma per me, nel mondo in cui viviamo – pieno di egoismo e indifferenza – è la cosa che conta di più.
All’inizio ero diffidente, stavo sulle mie e non ero nemmeno interessata a stringere legami con loro. Ma alla conclusione di quei dieci giorni, che si, possono sembrare pochi, posso dire di aver costruito rapporti solidi e veri, che anche se non avrei più rivisto, so che il bagaglio emotivo che avevamo condiviso ci avrebbe sempre tenuti connessi.
Un altro ringraziamento va al prof. Marco.
All’inizio mi aveva dato l’impressione di essere un po’ goffo e impacciato, ma nei momenti in cui ho avuto la fortuna di parlarci, ho visto un uomo gentile, magnanimo e premuroso, che cerca sempre di vedere il buono anche dove c’è del marcio.
Con la sua capacità di farti immergere nei suoi discorsi, ho riscontrato un barlume di speranza. Potevo chiaramente vedere nei suoi occhi la passione con cui dichiarava apertamente le sue ideologie, e mi ha ispirato, facendomi sentire fiduciosa anche verso quelle generazioni che vedono in noi giovani il futuro declino della società.
Solo perché, magari, non abbastanza responsabili nell’ammettere che se il futuro appare così preoccupante e incerto, è proprio a causa delle loro azioni che ora si ripercuotono su di noi. Però questo non per il prof. Marco, che nutre in noi giovani una grande speranza, e ciò mi ha fatto sentire motivata e fiduciosa. Perciò, grazie.
Sono profondamente grata per l’esperienza vissuta in Etiopia, nella quale ho avuto la possibilità di riconnettermi con me stessa e distrarmi dalle finte preoccupazioni che si insidiano nella mia mente. Solo lì ho capito quanto fossero misere e fittizie.
Il viaggio in Etiopia non è stato un semplice viaggio: è stata un’esplorazione all’interno di me, che mi ha permesso di fare cadere la maschera che solitamente porto. Dietro all’apparente durezza e freddezza si nasconde un’anima profondamente vulnerabile e sensibile, che avevo dimenticato, costretta a nascondersi dietro a una corazza fatta di apatia, in un mondo che ci insegna che essere buoni non ripaga.
Eppure, per me, da sempre non c’è ricchezza più grande nel poter regalare un sorriso senza nulla in cambio. Una ricchezza di cui sono ricchi i bambini del centro di Soddo, che sono riusciti a scavare tra le macerie dentro di me, riscoprendo un cuore che batte.
Sabrina Jebrane, Gennaio 2025
