E mi ritrovo qui, a scrivere per mantenere vivo il ricordo di quella che è stata un esperienza straordinaria, che ancora, dopo giorni, arde dentro me.
Molte persone, appena tornata, mi hanno fatto la classica domanda: “Allora Ari, come è andata in Africa?”, di getto rispondevo: “ Bene”, ma bene è poco, e l’Africa
è troppo.
Ho questo viaggio impresso nel cuore e nella mente, eppure, non riesco a raccontarla a chi non l’ha vissuta in prima persona.
Sono partita senza aspettative, sono stata sottovalutata, e mi ero autosottovalutata, non pensavo di farcela, ma sono dell’idea che ogni tanto, bisogna cogliere al volo le occasioni che potrebbero dare una svolta alla tua vita, buttarsi un po’, prendere coraggio.
Vi racconto l’Africa con gli occhi di chi la vive per la prima volta. Sono state solo sei, le ore di aereo, che mi hanno portato indietro nel tempo; per ben 11 giorni ho vissuto esattamente al contrario di come viviamo tutti noi ai giorni d’oggi. Siamo nati in una società in cui siamo abituati ad avere tutto e subito, la sottoscritta per prima, dove pretendiamo sempre, senza mai ricambiare nulla.
In Ethiopia, a Soddo, ho imparato probabilmente la lezione di vita più importante; ho imparato a non prendere nulla per scontato, a pensare un po’ meno a me, e concentrarmi più sul prossimo, ho imparato a condividere, ho imparato che ogni cosa, ogni gesto, ogni parola, ogni persona hanno un valore, ho imparato ad apprezzare anche le più piccole cose, ho imparato a vivere. Mi basta chiudere gli occhi, fare un respiro profondo, e sentire l’odore rancido dello smog ad Addis Abeba, l’odore forte dell’aria, delle persone, e quello dolciastro del caffè appena scaldato sui mattoni. Ricordo la terra rossa, quella fastidiosa, che ti si infila dappertutto, sento le risate dei bambini, vedo i sorrisi della gente che si sbraccia per salutare noi bianchi, vedo piccole anine che si allungano nella speranza di racimolare qualche spicciolo o pezzo di cibo. Sembra quasi che tutti questa gioia, questa vitalità, annienti la loro povertà e la loro sofferenza. Per giorni sono stata tormentata di domande nella mia testa, non capivo il motivo di tutta quella felicità, in quelle condizioni di vita, e di tutta quella vita, in un posto dove data la povertà, e ne dovrebbe essere ben poca.
Dopo giorni, ho iniziato a darmi delle risposte; A loro mancheranno i vestiti, la tecnologia, l’acqua, il cibo, potrei fare una lista infinita, ma sono pur erta, che a loro non mancherà mai l’amore, pare che sia questo l’unico modo per annientare la morte. Penso che quello che l’ Africa ci trasmetta sia un contatto più saldo con la fluidità della ita di sempre. Non importa quante cose materiali si possiedano, tutto passa in secondo piano. Abbiamo soggiornato della Smiling Children Town, a Soddo, un centro di accoglienza per ragazzi di trada fondato da Abba (padre) Marcello. Che dire… una seconda casa!
I ragazzi del centro sono fantastici, disponibili, i pomeriggi liberi li passavamo con loro, tra una partita a pallavolo e n altra c’era sempre tempo per qualche risata. Tengo vivo il ricordo dei paesaggi; ancor ora, in macchina, capita che la mente viaggi per migliaia di chilometri, e mi porti tra le immense ride colline dell’ Ethiopia, nelle sue foreste, o magari sulla riva di qualche lago popolato da coccodrilli, ippopotami, e chissà quanti altri animali.
E’ proprio qui, che la natura prende il sopravvento sull’uomo, è libera, è viva, ti fa sentire piccolo, impotente. Ho avuto la fortuna di vedere probabilmente per la prima volta il cielo. ricordo benissimo quella notte, tutta la città era rimasta senza luce, c’eravamo solo noi, con il buio, un eterno silenzio e le stelle. Ci siamo sdraiati in giardino, sull’erba fresca ad assistere a quello spettacolo mozzafiato all’interno di una profondissima quiete.
In questo viaggio sono venuta in contatto con me stessa, ho riavvicinato a me l’Arianna che ritenevo perduta da empo. Mi saranno anche mancate le mie solite abitudini occidentali, ma il mio cuore è sempre stato sereno, in pace, e i miei occhi riposati e brillanti, e forse queste parole ne sono la prova. In questo posto, sono riuscita ad appendere la maschera che porto sempre con me, mi sono lasciata andare, ho giocato, riso, cantato, insieme a dozzine di bambini, che ricambiavano con sorrisi 36 denti, ho condiviso emozioni con persone conosciute pochi minuti prima. Un posto dove nessuno di giudica, dove vieni accettato così come sei, dove i pensieri spariscono, un posto da cui ai vorresti andartene.
Ho toccato la felicita. Ogni persona incontrata, ogni luogo scoperto, è riuscita ad entrare così profondamente del mio cuore, da lasciarmi un segno indelebile, permettendomi di vedere la realtà che mi circonda sotto un altra luce.
Mi sono sentita viva.
Passare da tutto al nulla, è un esperienza che auguro di fare a tutti nella vita. Auguro a tutti di essere guardato da un bambino che lotta ogni giorno per la vita con occhi pieni di lacrime, o di essere ringraziato migliaia di volte da persone senza che tu abbia assolutamente fatto nulla.
Auguro a tutti, di mettere prima o poi piede in Africa, per intraprendere un viaggio alla ricerca di se stesso, della felicità, dell’amore, ma sopratutto della vita.
Arianna.