Tutti i viaggi hanno un inizio ed una fine. Tutti ad eccezione di uno. Sto parlando del viaggio verso l’Etiopia.
Questo viaggio ha un inizio ma non una fine, perché le esperienze vissute modificano il tuo modo di vedere e percepire le cose e quindi il tuo modo di essere.
L’inizio è diverso dai soliti, non avviene nel momento della partenza ma nel esatto momento in cui decidi di partire, da quel momento in poi tutto cambia e la tua “avventura” non finirà mai.
Il mio viaggio è iniziato a Febbraio di quest’anno, da quel momento in poi ho cominciato a fantasticare su tutto.
Il giorno mi concentravo sulle solite cose, ma la sera pensavo a come potesse essere lì, a come potessero essere le persone e riflettevo sulle ragioni che mi hanno spinta a prendere la decisione di partire.
Sicuramente ci sono ragioni più “banali” come ad esempio il fatto che mi piace viaggiare e che quindi sarei riuscita a vedere un posto nuovo, lontano e magico.
Magico perché ho visto persone che una volta tornate avevano occhi nuovi, occhi che brillavano quando raccontavano quello che avevano visto, ho visto persone che sono cambiate quasi radicalmente e sto parlando di un cambiamento in positivo che volevo vivere in prima persona. Accanto a queste motivazioni comuni ci sono quelle che, se vogliamo, possiamo definire più profonde e personali, come il desiderio di voler trovare fiducia nei rapporti umani.
Fiducia, una bellissima parola che ha un significato stupendo ma è molto difficile da dare.
Soprattutto se si è timidi e molto riservati, tutte caratteristiche che non rendono semplice la formazione di legami e quindi la fiducia rimane una cosa “concessa” a pochi intimi.
Così con le mie insicurezze e tanta voglia di partire il mio viaggio a Soddo nel “villaggio dei bambini sorridenti” ebbe inizio. In quel villaggio in soli 10 giorni ho conosciuto persone che mi hanno dato molto di più rispetto ad anni di conoscenza con altre. In quei 10 giorni ho vissuto essendo me stessa vivendo ogni singolo attimo senza scudi, facendo e dicendo quello che mi passava per la testa.
In quei 10 giorni ho imparato a non dare niente per scontato, neanche il più piccolo gesto che può essere un sorriso, un abbraccio, camminare tenendosi per mano o regalare una semplice caramella. L’ho imparato grazie ai bambini di strada, che con occhi incuriositi e non spaventati dalla mia pelle chiara mi guardavo attentamente, chiedevano qualcosa, qualsiasi cosa anche la più semplice come una foto, un sorriso o una caramella e loro in cambio ti riempivano il cuore di sorrisi e saluti, come se quella potesse essere la cosa più preziosa che potevi dargli.
L’ho imparato grazie ai bambini del centro che non perdevano mai l’occasione di giocare insieme, solo per il gusto di divertirsi in compagnia.
In quei 10 giorni ho imparato non solo ad apprezzare anche i più piccoli gesti ma anche quello che ho senza darlo più per scontato, ho preso ancora più consapevolezza del fatto che nella vita bisogna lavorare ed impegnarsi duramente per ottenere ciò che si vuole. E
questo mio passo avanti lo devo ai ragazzi del centro che alle 2 di notte stavano ancora studiando per l’esame di pochi giorni dopo, l’ho appresso grazie ai bambini delle scuole che abbiamo visitato, che pur di imparare studiavano tutti ammassati in un’aula piccola e buia, seduti sui dei tubi di ferro e senza banchi, scrivendo sulle ginocchia. In quei 10 giorni ho imparato tanto, ho pianto, ho riso, sono stata sommersa da immagini, profumi, emozioni, ho conosciuto persone fantastiche, ho goduto di panorami mozzafiato ma allo stesso tempo ho vissuto tutto con una tranquillità mai provata in vita mia.
Ed il tempo è volato. Troppo velocemente. E come un battito di ciglia mi sono ritrovata catapultata nella realtà di sempre.
Ma questa volta c’era qualcosa di diverso e quel qualcosa ero io. Ero diversa e sono diversa perché in me c’è una spaccatura. Una divisione tra corpo ed anima, il corpo continua qui la sua vita di tutti i giorni. L’anima si nutre in modo vorace ed insaziabile dei flashback. Grazie ad essi riesco a rivivere continuamente tutto ed a ricordarlo perfettamente.
Ancora più importanti ed essenziali dei flashback sono le notti, perché sono il momento perfetto per poter tornare in Etiopia, a Soddo, nel villaggio e nutrirsi nuovamente della linfa vitale che solo lì c’è.
Adesso, dopo aver vissuto una cosa del genere, posso dire con certezza che io ho bisogno di tornare, per me stessa, per i bambini e per tutto ciò che c’è.
Marzo 2018
Maria Rita Abatino