Atnafu Bekele, è un ragazzo “ speciale” che viene dal villaggio di Wacciga nella Regione del Wolayta (Etiopia), da una famiglia di agricoltori molto povera, quasi al limite della sopravvivenza. Nella loro capanna costruita con legni, fango e con il tetto di paglia non c’è quasi nulla. I suoi genitori non posseggono neanche gli animali (buoi, pecore e galline) che solitamente servono per fornire il latte, uova e carne.
I suoi genitori e fratelli dormono in terra vestiti (se così si possono chiamare i cenci che indossano) sopra una stuoia e con una sola coperta.
Bekele da bambino si era allontanato da casa nel tentativo di trovare una sua strada per il suo futuro, come fanno tantissimi bambini che fuggono dalla povertà dei villaggi. Voleva andare in città perché altri ragazzi gli avevano detto che li poteva trovare quello che si desidera. Ma per circa due anni aveva sofferto molto, perché era costretto a vivere di espedienti, in particolare: di elemosina, qualche furtarello e un lavoro saltuario come facchino al mercato. Poi aveva conosciuto alcuni ragazzi dello “Smiling Children Town” a Soddo e su loro invito aveva raggiunto il Centro chiedendo di essere aiutato.
Per due anni ha seguito il ciclo educativo, frequentando la scuola con ottimi risultati e come solitamente fanno quasi tutti i ragazzi del Centro nel periodo delle vacanze scolastiche ritornava al suo villaggio per dare una mano ai genitori nel lavoro del loro campi.
Finito il periodo delle vacanze scolastiche (se così si possono chiamare), ritornato al Centro “ Smiling Children Town” si presenta dal direttore sig. Wondewosen Assefa, e sedutosi nel suo ufficio, inizia a piangere e tra un singhiozzo e l’altro gli dice: “Sono stato a casa con i miei genitori, con mio padre e mia madre ed i miei fratelli più piccoli e ho visto la loro situazione, la vita che conducono, quello che hanno da mangiare, dove dormono, dove passano le giornate, il faticoso lavoro dei campi, ho visto le loro mani callose, il corpo magrissimo di mio pare quando insieme facevamo il bagno al fiume, ho visto i seni seccati di mia madre, ho visto i miei fratelli più piccoli di me vestiti di niente. Io, sono qui in città, al centro e ho tanto: materasso, coperte, lenzuola, vestiti, scarpe, mangio tre volte al giorno, sono curato, vado a scuola, praticamente vivo una vita comoda e ho la possibilità di avere un futuro davanti.
Ma pensare continuamente alle condizioni di vita della mia famiglia mi tormenta ed ho deciso che non posso più stare qui, ma il mio dovere è di tornare in famiglia e aiutare mio padre nei campi ed i miei fratelli più piccoli a crescere.
Permettimi di andare a casa e lavorare al fianco di mio padre e per la famiglia. Non lascerò la scuola te lo prometto, anzi ti chiedo se puoi aiutami in questo. Il direttore con la voce strozzata dall’emozione promette a Bekele che sarà aiutato ed una volta comunicata la storia ad Abba Marcello, il ragazzo viene lasciato andare al villaggio ove attualmente lavora i campi ed aiuta la sua famiglia, continuando gli studi e sarà aiutato fino all’università perché ha tutte le qualità per raggiungere i suoi obbiettivi.